Recupero post allenamento: è possibile velocizzarlo?

Il recupero è uno degli aspetti più trascurati del ciclo “stimolo-adattamento” – che come sappiamo è il fulcro dei miglioramenti indotti dall’esercizio fisico – nonostante molti degli effetti provocati dall’allenamento si manifestino proprio durante e grazie ad esso.

In questo breve articolo cercheremo di spiegare meglio cos’è il recupero, come si suddivide e, soprattutto, come stimarne la giusta quantità.

Stimolo Allenante e Recupero

Il recupero serve a rigenerare l’organismo dopo una prestazione atletica, permettendogli anche di attuare la supercompensazione – adattamento che lo pone in condizioni di fronteggiare meglio la stessa circostanza.

Tutti convengono sul fatto che, se il recupero è incompleto, la prestazione successiva risulterà inferiore, o comunque non si manifesterà alcun adattamento sulle capacità atletiche dello sportivo.

Ma come capire se il recupero post allenamento è adeguato oppure no?

Per i più è sufficiente “sapersi ascoltare”, constatando la presenza o meno di DOMS (delayed onset muscle soreness, o dolori muscolari a insorgenza ritardata) e la capacità prestativa.

Detto ciò, una delle questioni “più spinose” ed oggetto di dibattito tra le varie scuole di pensiero riguarda proprio questo aspetto: i DOMS sono un parametro utile? È sufficiente attendere che svaniscano o bisogna aspettare più a lungo? Al contrario, ci si può allenare anche una volta svanita la sensazione di fatica, quindi prima che scompaiano totalmente i DOMS?

Per poter rispondere, bisogna anzitutto capire, a livello scientifico, in cosa consiste lo stimolo allenante. Si tratta, a conti fatti, dell’applicazione di uno stress specifico; questo, di natura locale e/o metabolica, “mette in crisi” l’organismo fino a danneggiare i tessuti coinvolti.

Tale danno, che si associa generalmente alla cosiddetta “fatica“, è ovviamente visibile (a livello biochimico) con delle semplici analisi ematiche, le quali riveleranno la presenza di biomarker come CK o CRP o IL-6.

Diverso è se parliamo di DOMS; questi non trovano una correlazione diretta con i suddetti biomarker, ma per molti costituiscono comunque un deterrente all’allenamento, denotando una sensazione sgradevole durante la prestazione.

Cos’è il recupero?

Definiamo il recupero come il ritorno all’omeostasi di vari sistemi fisiologici a seguito di cospicui processi metabolici, infiammatori e danni muscolari indotti da sessioni di allenamento.

Pertanto, durante il recupero, l’organismo attua importanti processi di riparazione, volti a:

  • Ripristino dello stato funzionale precedente;
  • Supercompensazione, ovvero il potenziamento delle risorse esistenti, in vista di una prossima eventuale condizione critica.

Classificazione del recupero

In relazione al tempo, potremmo distinguerlo in tre tipologie:

  • Immediato: risulta interno al movimento o gesto atletico; un esempio specifico è la fase di decontrazione (non necessariamente di rilassamento totale) della gamba controlaterale del ciclista o nella pagaiata del canoista. Nell’allenamento del bodybuilder non è quasi mai presente, mentre alcune tecniche di allenamento della forza pura implicano l’inserimento di un rest interno alle serie (set), quindi tra le ripetizioni (rep);
  • Breve-termine: sempre interno all’allenamento, costituisce la pausa di rigenerazione interposta, ad esempio, tra gli esercizi, le set o le rep. Stabilisce il parametro allenante della densità;
  • Medio-lungo termine: è esterno agli workout ma interno al microciclo, si interpone tra gli allenamenti.

L’approccio al recupero può essere inoltre:

  • Passivo: non prevede l’induzione di alcuno stimolo post-allenamento;
  • Attivo: si basa su attività specifiche da effettuare dopo l’esercizio, come esercizi al suolo o in acqua, elettrostimolazione, massaggi ecc.

Lo scopo di queste ultime è di aumentare la velocità di smaltimento dei cataboliti prodotti dallo stesso, quindi di velocizzare il ripristino dell’omeostasi. Che funzionino o meno, è oggetto di numerosi dibattiti e studi. Nelle prossime righe scopriremo cosa dice la scienza a tal proposito.

Cosa incide sul recupero?

La capacità di recupero è influenzata da una serie di importanti fattori quali:

  • Condizione psico-fisica generale;
  • Livello di allenamento;
  • Sesso;
  • Età;
  • Capacità soggettive;
  • Stato nutrizionale (incluso il livello di idratazione);
  • Uso di farmaci dopanti;
  • Quantità e qualità del sonno;
  • Specificità dello stimolo allenante applicato/subito;
  • Eventuale applicazione di specifiche strategie di recupero;
  • Stile di vita generale.

Come Migliorarlo

In base a quanto detto nel paragrafo precedente, è logico dedurre che alcuni fattori siano fissi e non modificabili (come il sesso, l’età e le capacità soggettive), mentre gli altri risultino in qualche modo gestibili (dieta, sonno, allenamento ecc.).

Vediamo come poterli migliorare in modo da ottimizzare la capacità di recupero post- allenamento.

Garantire lo stato nutrizionale e migliorare la dieta

Lo stato nutrizionale dev’essere ottimale, il che implica di seguire una dieta bilanciata e ponderata sul livello e sulla tipologia di stimolo allenante applicato. Per un lavoro ad hoc, è indispensabile l’intervento di un dietista – meglio se in collaborazione col personal trainer incaricato.

Non dimentichiamo inoltre che il corretto apporto di acqua è strettamente necessario a mantenere la massima capacità di recupero. È nei liquidi che si diluisce la maggior parte dei nutrienti, pertanto, la disidratazione pregiudica sia lo smaltimento dei cataboliti che i processi di rinnovamento.

Se l’organismo tende a perdere molti liquidi con il sudore, il quale contiene anche elevate percentuali di minerali, può essere fondamentale integrare questi composti in misura proporzionale.

L’integrazione può inoltre supportare il mantenimento di uno stato nutrizionale soddisfacente sotto altri punti di vista. Ad esempio compensando eventuali difficoltà logistiche (con i pasti sostitutivi), “selezionando” i nutrienti da assumere in maggiori quantità ed in purezza (proteine ad alto valore biologico, maltodestrine, creatina ecc.) o introducendo molecole “ipoteticamente” coinvolte nei processi metabolici di rigenerazione (come la glutammina e l’arginina).

Attenzione! Per ottimizzare la capacità di recupero è importante che buona parte dei nutrienti, da pasti o integratori, venga introdotta nella cosiddetta “finestra anabolica” post-esercizio.

Conclusioni

In conclusione, solo una corretta gestione della dieta – eventualmente supportata dall’integrazione alimentare – un adeguato monte ore di sonno e l’adeguata stima dei carichi di lavoro – con la riserva di scaricare anche solo parzialmente in caso di sovraffaticamento cronico – possono garantire l’ottimizzazione del recupero post-allenamento.

Il massaggio sembra essere il metodo più efficace per ridurre i DOMS e l’affaticamento percepito. Quest’ultimo può inoltre essere efficacemente gestito utilizzando indumenti compressivi, massaggi o immersione in acqua fredda.

Non abbiamo fatto alcun riferimento all’impiego dei farmaci dopanti che, ovviamente, hanno un effetto molto potente su questo aspetto dell’allenamento; reputiamo comunque sconsigliabile fare ricorso a tali sistemi, la quale nocività non ne giustifica mai l’utilizzo.

Fonte: https://www.my-personaltrainer.it/allenamento/recupero.html

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